giovedì 9 marzo 2017

Educazione musicale, scuola, esperienza del suono



Mi occupo da anni di educazione musicale in nidi, asili e scuola dell'obbligo. Registro ogni volta un vuoto enorme nella comprensione di chi fa la scuola su come avvicinare i bambini al suono e alla musica. Parlo a volte di 'maledizione del flauto' perché la proposta ai bimbi del flauto dolce soprano come strumento principale se non unico è sintomo di un problema più grande: la musica come prestazione tecnico-teorica.
Per capirci, il flauto dolce è uno degli strumenti più complessi e che offrono meno soddisfazione per i bambini, perchè è energeticamente lontano dalla vitalità dei bimbi (il flauto, strumento aria, leggero e sottile che richiede grande controllo per la giusta emissione del fiato; contro l'energia terra e fuoco dei bambini), perchè richiede molto impegno per l'intonazione (anche a causa della qualità dei flauti di plastica in commercio), perchè limita l'utilizzo di buona parte del corpo funzionale (e della voce).
Il flauto è sintomo di una scuola troppo attenta, ancora oggi, all'ordine, all'apprendimento come prestazione, alla teoria prima della pratica.
I bambini devono iniziare il più presto possibile con il fare l'esperienza del suono, veicolata da approcci creativi, liberi e destrutturati, che offrano loro la possibilità di sperimentare la gioia del suono nel movimento, l'energia della vibrazione, la creazione libera e intuitiva. La tecnica viene dopo. È in quegli spazi per altro che i bambini possono sperimentare la capacità di autoregolazione, senza la prevaricazione dell'educazione violenta determinata dai meccanismi di premio-punizione  ancora così cari alle insegnanti.
Ed è un dispiacere verificare spesso non solo la rigidità e la chiusura di molti bambini già a partire dai sette anni, da un lato, e la loro difficoltà a comprendere come regolarsi in un gruppo di lavoro non appena vengono meno urla, minacce e ricatti; ma soprattutto i timori di molte insegnanti e le loro aspettative inappropriate, la loro difficoltà a lasciar andare la pressione sul gruppo e sull'ansia da prestazione.
Educare all'arte è prima di tutto educare alla creatività e alla libertà. E richiede una precisa alleanza tra dirigenza scolastica, insegnanti, esperti e genitori.
Quindi ben venga l'apertura all'hukulele, come indicato nell'articolo che allego qui sotto, ma soprattutto ricordiamoci di stimolare la partecipazione e la creatività.
Un esempio... lunedì 20 in occasione della festa del papà, un gruppo di padri parteciperà al laboratorio musicale dei loro bimbi, in un nido con cui ho il piacere di collaborare da qualche anno.
Altro esempio... settimana prossima faremo una gita nel bosco con bambini e genitori per esplorare i suoni della natura e fare musica all'aperto.
E ancora... in un ciclo di incontri per genitori incentrato sul gioco, dedicheremo un incontro al gioco con la musica a cui genitori, educatori e bambini parteciperanno insieme.
E sono diverse le iniziative che personalmente realizzo sul territorio, che altri professionisti sono impegnati a fare. Formazione agli insegnanti e agli educatori, sensibilizzazione con i genitori, incontri pubblici nei luoghi più diversi (biblioteche, librerie, parchi, centri estivi, ...). C'è una grande strada da fare, tanto più che si accompagna alla sordità funzionale che sta investendo sempre di più ragazzi e adulti, abituati al rumore, disabituati all'ascolto; abituati alla musica usa e getta e alla fretta, disabituati alla lentezza; abituati al suonare musica come prestazione e ambizione per diventare star, disabituati al piacere puro del suonare e dello stare insieme.
Liberiamo la musica dall'ombra, e facciamola uscire dalle vecchie scatole educative della nostra mente.



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