giovedì 16 febbraio 2012

Gli haiku nella terapia olistica (1)


凍てつく夜、
魔女の唱和が
月をあたためる



Premessa
C'è spazio nella nostra quotidianità per la poesia?
Che rapporto esiste in noi tra realtà pratica e intuizione?
Quando permettiamo alla nostra creatività di manifestarsi?

Sulla base della mia esperienza personale e della pratica di terapia olistica che porto avanti ormai da anni (per lo più con l'utilizzo della musica), ho notato una forte correlazione tra il grado di benessere personale percepito e il grado di libertà espressiva con la quale ci esprimiamo quotidianamente.
Non c'è dubbio che per la maggior parte delle persone, l'utilizzo della musica in qualunque sua forma non sia la modalità espressiva più comune. La più familiare, con il suo portato simbolico e i suoi evidenti limiti, resta la parola. Eppure, le parole del quotidiano sono spesso prive di vitalità, schematiche, ripetitive, abituali. In generale, accanto al malessere o al disagio personale, si riscontra un irrigidimento nell'uso della parola, sia essa parte della comunicazione spontanea quotidiana, sia essa parte di un linguaggio tecnico utilizzato a scopi lavorativi o intellettuali. Non intendo dire che debba esserci per forza un impoverimento del lessico, o delle sue diverse sfaccettature, quanto piuttosto un uso rigido, non creativo, della parola e delle sue forme.
Per queste ragioni, dopo un lungo apprendistato personale, ho iniziato a utilizzare nei percorsi di cura la pratica degli haiku, una pratica giapponese antichissima e ricca di suggestioni, che, nella sua semplicità apparente, favorisce una profonda ricerca personale, e il ritorno a un uso inatteso, creativo e intuitivo della parola, delle verbalizzazioni e della creazione poetica. Da questo punto di vista, l'uso degli haiku nei percorsi di cura che propongo non ha alcun intendimento tecnico. Dalle brevi poesie giapponesi si ricercano stimoli evocativi, sinestetici e inaspettati.

Cos'è un haiku
Per semplicità di riferimenti, nella definizione degli haiku mi rivolgo a wikipedia, che li definisce come componimenti poetici nati in Giappone, composti da tre versi per complessive diciassette sillabe. In rete, esistono tuttavia parecchie pagine (professionali e amatoriali) dedicate a questa forma poetica. L'haiku, a giudicare dai risultati di ricerca, gode in rete di una certa attenzione che ritrovo con più difficoltà tra le persone che incontro nei miei percorsi di cura.

Sempre wikipedia ci dice che l'haiku fu creato in Giappone nel XVII secolo, ma deriva dal tanka, componimento poetico di 17 sillabe che risale già al IV secolo. La lunghezza dei versi dipende dal contenuto dell'haiku, purché sia sempre di 17 sillabe.
L'haiku è una poesia dai toni semplici, senza alcun titolo, che elimina fronzoli lessicali e congiunzioni, traendo la sua forza dalle suggestioni della natura e delle stagioni: per via dell'estrema brevità la composizione richiede una grande sintesi di pensiero e d'immagine. Soggetto dell'haiku sono scene rapide ed intense che rappresentano appunto, in genere, la natura e le emozioni che esse lasciano nell'animo dell'haijin (il poeta). L'ultimo verso è, tradizionalmente, il cosiddetto riferimento stagionale (kigo), cioè un accenno alla stagione che definisce il momento dell'anno in cui viene composta o al quale è dedicata.
La mancanza di nessi evidenti tra i versi lascia spazio ad un vuoto ricco di suggestioni, quasi come una traccia che sta al lettore completare.
In Giappone si calcola che più di dieci milioni di persone (circa il 10% della popolazione) si dilettino a scrivere haiku. I gruppi di poeti che si riuniscono per parlare di haiku si chiamano haijin. Pressoché ogni giornale nipponico ha una sezione riservata agli haiku.

La diffusione della pratica degli haiku in Giappone non deve sorprendere, si tratta, come vedremo, di un esercizio semplice, piacevole e fortemente rivelatore del proprio percorso personale.

Avvicinarsi agli haiku nella terapia olistica
Un buon modo per avvicinare le persone a questa pratica, nella terapia olistica, è quella di favorire un rapporto non mediato con gli haiku; lasciare cioè che i brevi componimenti della tradizione impattino senza mediazione razionale e intellettuale con la coscienza delle persone. Che arrivino come un venticello improvviso, lascino il loro suono, risuonino nella coscienza, si depositino.
Dobbiamo essere consapevoli, naturalmente, che il nostro rapporto con gli haiku giapponesi è di tipo indiretto, per ovvie ragioni linguistiche. Non ci è possibile assorbire la forza originaria del segno e del testo dell'haiku, a meno di non conoscere in modo approfondito la lingua giapponese.
È utile anche ricordare che la lingua giapponese ha un'evocazione simbolica e una sintesi linguistica completamente diversa da quella italiana. Gli ideogrammi hanno un equilibrio e una struttura formale propria che non ha alcun paragone nella lingua italiana. Per molti aspetti, la bellezza degli haiku originari sta, oltre che nel suo suono e nel suo contenuto, anche nel suo aspetto visivo, grafico. Non è un caso, infatti, che la creazione degli haiku, nella tradizione, sia molto spesso associato all'arte della calligrafia.
Un esempio può chiarire questo aspetto. Riporto uno degli haiku più conosciuti della tradizione, a opera del maestro Matsuo Basho:

古池や蛙飛びこむ水の音
(furu ike ya kawazu tobikomu mizu no oto)

Nel vecchio stagno
una rana si tuffa.
Rumore d'acqua.

Tuttavia, il contenuto degli haiku mantiene intatti la sua forza evocativa e il suo valore poetico.
Nella pratica terapeutica quindi, gli haiku possono essere raccolti e pescati dal terapeuta in modo intuitivo, per poi proporli alla persona con la quale si sta lavorando (o con gruppi di persone), in un meccanismo per certi versi simile a quello delle libere associazioni o, meglio, all'intuizione profonda di un percorso di consapevolezza.
Gli haiku possono puntellare come stelle il cielo della pratica terapeutica, offrendo spunti inattesi, funzionando come specchi nei quali riconoscersi in modo nuovo.
La brevità e sintesi degli haiku, il modo di accostare i tre versi, la forza evocativa delle immagini, sono tutti elementi che favoriscono nelle persone la ricerca di un proprio significato personale, in sintesi, di ritrovare nel componimento qualcosa di se stessi, nel momento in cui quel qualcosa avviene, di farlo diventare proprio. Haiku vecchi anche di secoli ci arrivano come parti della nostra coscienza, per rivelarci qualcosa di inedito di noi stessi. Non è forse questo il valore più profondo della composizione poetica?

(continua)

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