venerdì 24 febbraio 2012

Gli haiku nella terapia olistica (4)

Prosegue l'analisi sull'utilizzo degli haiku nella terapia olistica.
Capitoli precedenti:

Prima parte.
Seconda parte.
Terza parte.


夜に問いかければ
星で
わたしに答えてくる



Il tempo degli haiku
Non so dire, sulla base dell'esperienza personale, per quanto tempo le persone possano praticare la scrittura degli haiku. Si tratta ovviamente di uno spazio di scelta personalissima, che può essere anch'essa guidata dalla propria intuizione. Il terapeuta, a mio avviso, deve comprendere se alla base di una possibile interruzione vi siano meccanismi proiettivi della propria mente, tali da rendere impossibile il gioco della creatività verbale. Oppure l'impossibilità di tale pratica di rompere la ripetizione meccanica della quotidianità, quella frammentata e inconsapevole reiterazione di abitudini e azioni prive di soluzione di continuità. In fondo, come detto, l'haiku può essere un buon pretesto, un buon gioco per costringersi a fermarsi, ad aprire nuovi spazio di ascolto e osservazione profonda, a patto che non diventi esso stesso un lavoro.
Il terapeuta deve però anche capire se la pratica degli haiku è compatibile con la vocazione di ogni singola persona, per evitare di dare un esercizio che, a posteriori, potrebbe apparire solo come il risultato di un'imposizione esterna. Come sempre, è importante saper suggerire senza imporre.
In generale, comunque, credo che gli haiku possano essere un buon esercizio per chi ha un forte sbilanciamento del quinto chakra (vishudda). In caso di eccesso energetico (persone che parlano tanto, spesso in modo superficiale, possedute dal bisogno di riempire costantemente un vuoto), la sintesi prevista dall'haiku e il ribaltamento richiesto nel rapporto mente/parola, cioè nel processo di verbalizzazione, può favorire un diverso fluire energetico in vishudda, e una sua riarmonizzazione, oltre che un nuovo rapporto con l'ascolto, inteso in senso lato. Al contrario, nel caso in cui vishudda sia particolarmente bloccato (persone che hanno paura a comunicare, che mentono spesso, che non esprimono liberamente i propri bisogni), la pratica degli haiku può essere un buon ponte per rimettere in movimento parole, comunicazione ed espressività. L'haiku, così pensato, è relazione con sé, con gli altri, con il mondo esteriore e interiore.
Da questo punto di vista, l'esperienza con le brevi composizioni di origine giapponese è sinergica e coerente con il lavoro sul canto e, più in generale, con la musica e la creatività espressiva.

Rivedersi attraverso i propri haiku
Nel tempo, gli haiku diventano tracce lasciate sul proprio cammino. Offrono una prospettiva, l'idea di un movimento. In essi è possibile riconoscersi a distanza di mesi o anni, o perfino accorgersi di non riconoscersi più. Sappiamo che questa è una caratteristica di ogni forma di scrittura personale. Tuttavia, gli haiku, per le loro caratteristiche (brevità, naturalismo, alterità, ecc.) possono essere ancora più efficaci, dal momento che la loro forza evocativa è persistente, e muta come cambiano le persone nel tempo. Se nel presente, quindi, la rilettura di queste composizioni permette di osservare quello che sta succedendo, a distanza di tempo, permette di osservare il cambiamento e, perché no, il ritmo e il suono di tale cambiamento. Di recuperare un passo, che è simbolo, vibrazione, gesto, ascolto e che ha ancora senso nel momento presente. Ed è il frutto di un nuovo rapporto, più creativo e libero con la realtà di tutti i giorni. Al punto di poter arrivare a (ri)scoprire la propria voce, prima addormentata, nella bellezza dell'intuizione poetica.

(continua)

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