venerdì 19 febbraio 2010
Radicamento 2 - Danze espressive
Regredire per crescere
Lavorare sul radicamento significa trovare contatto con la terra, le radici, la base, i pilastri che possono supportare la nostra crescita umana, emotiva, fisica e spirituale.
Il rischio più grande dei percorsi di radicamento è la regressione. È importante non confondere la regressione con lo sviluppo di un nuovo livello di consapevolezza. La regressione di per sé non può e non deve essere unico obiettivo di un percorso di radicamento, tanto meno di un percorso di crescita. Aggiungo che tale sottolineatura è coerente con il funzionamento fisico, psicologico e spirituale del nostro essere. Lo sviluppo personale non è mai lineare ma circolare, e un livello di coscienza superiore include e rielabora il precedente. Allo stesso modo, quando si lavora per armonizzare un particolare chakra, si accompagna un cambiamento funzionale anche negli altri chakra. È questo il principio essenziale di un approccio olistico alla trasformazione, alla crescita e alla cura. Secondo questo punto di vista, è importante accompagnare al lavoro di grounding un percorso di consapevolezza, di comprensione e di inclusione psicologica e spirituale.
Se si realizza un percorso di radicamento, qualunque esso sia, non è utile e positivo, quindi, lasciare l’esperienza nel non detto, isolata dal contesto del percorso e dal pre-testo personale dei singoli partecipanti. Se ciò avviene, si rischia di generare una profonda scissione nel sé delle persone: da un lato l’esperienza piacevole, oceanica della regressione, dall’altra l’insoddisfazione e le difficoltà del quotidiano. Il radicamento è efficace quando permette alle persone di entrare in contatto con la propria energia vitale, di ritrovare un dialogo con la natura, la terra e le radici e da questo rinnovato dialogo progredire, rielaborare, sviluppare nuova consapevolezza. Ritrovare in sé nuova forza ed energia, un nuovo appoggio per saltare in avanti, per crescere.
L’uomo e l’albero
Quello che espongo di seguito è un semplice rituale di danza-movimentoterapia di radicamento.
È un percorso espressivo che associa a specifiche musiche una gestualità e un movimento spontaneo del corpo. Per ogni brano è indicata una particolare “consegna”, ovvero delle regole che limitano, guidano e sostengono il movimento. Il praticante dovrà rispettare scrupolosamente queste regole e saggiare i propri limiti, metterli alla prova e superarli con la spontaneità, l’intuizione e la gioia del corpo in movimento.
Dalla mobilità quotidiana del passo, del cammino umano, si arriverà all’immobilità radicata dell’albero, che diviene simbolo di solidità, di appartenenza, di congiunzione tra le linfe del terreno e l’energia vitale del sole, tra la terra e il cielo.
È importante curare i passaggi da una danza all’altra, rimanendo immobili al termine della musica per almeno dieci respiri, e portando l’attenzione al proprio corpo e all’appoggio che il corpo ha a terra. Poiché ogni danza lavora su specifiche organizzazioni psico-fisiche e propriocettive, è importante allenarsi a cogliere le differenze, le variazioni che si attivano nel corpo e nelle proprie emozioni. Solo così sarà possibile trarre un vero piacere dal percorso e sviluppare una nuova consapevolezza di sé e del mondo.
Passi di danza
Ecco la sequenza dettagliata. Per ogni danza indico un brano musicale che è quello che sto usando attualmente. Non è in nessun modo vincolante, ma solo uno spunto, un suggerimento.
1. Il riscaldamento
In silenzio, ci muoviamo nello spazio a nostra disposizione. Osserviamo, ascoltiamo, verifichiamo le distanze, gli ingombri, portiamo l’attenzione alle nostre tensioni del corpo, alla qualità dell’appoggio dei nostri piedi a terra, al nostro respiro. Ci prepariamo per un viaggio, per un ritorno alle nostre radici.
2. Il cammino
Una processione giocosa, libera, aperta alla scoperta. Camminiamo, senza correre, senza saltare, senza strisciare. Camminiamo spontaneamente sperimentando tutti i possibili modi a nostra disposizione: in avanti, all’indietro, lateralmente, sui talloni, sulle punte dei piedi, velocemente, molto lentamente, alzando le braccia, rannicchiandoci. Diamo nuovo senso all’attività che più spesso ci occupa durante la giornata nella posizione verticale. Ci apriamo a nuove possibilità di movimento.
Musica: Processional, Dave Holland
3. Il rotolamento
Stesi a terra, rotoliamo in tutte le direzioni, in tutti i modi che ci sono possibili. È il ritorno al contatto totale del corpo con la terra. Il ritorno ai giochi infantili, nei prati, sul tappeto del soggiorno, attenti agli altri per non scontrarci ma scontrandoci gioiosamente.
Musica: African Journey, Dead Can Dance
4. Il palmo di una mano a terra
Almeno il palmo di una mano deve essere sempre completamente appoggiato a terra. Siamo primati, incapaci alla posizione eretta, cerchiamo tutte le possibilità che il corpo ci offre mentre una o entrambe le mani ci sorreggono. Abbiamo l’appoggio, percepiamo il vincolo, cerchiamo il movimento libero, sdraiandoci a terra, saltando, muovendoci gobbi nelle dieci direzioni.
Musica: Sulu Kule Havasi, Gypsy Music Of Costantinopoly
5. I piedi scivolano
Le piante dei piedi non possono mai perdere contatto con il terreno. Ci muoviamo nello spazio scivolando, scorrendo i piedi sulla terra, liscia ruvida complice ostacolante. Cerchiamo la leggerezza e la carezza al suolo, il sostegno diviene fluido, mentre spostiamo armoniosamente il peso e l’equilibrio del nostro corpo. Saggiamo la superficie, ritroviamo le sensibilità percettive dei piedi, che ci riempiono di nuove informazioni.
Musica: The Word, Prince
6. I salti
Al ritmo della musica ci muoviamo saltando. Anche solo per un attimo, tra un passo e l’altro, tra un movimento e l’altro, entrambi i piedi sono staccati da terra, il corpo sospeso, in “volo”. Saltiamo a piedi uniti, a piedi alternati, sullo stesso piede ripetutamente, più o meno in alto, più o meno velocemente. Saggiamo la stabilità del terreno, la nostra forza nel corpo, la nostra resistenza, stimoliamo dinamicamente le piante dei piedi, che vengono irrorate con decisione. Percepiamo e giochiamo con il peso del nostro corpo. Sentiamo se siamo pesanti appesantiti trascinati giù, oppure leggeri volanti volatili. Troviamo nuove direzioni nelle quali muoverci. Possiamo ricercare un compagno di danza, e appoggiarci alla forza, alla leggerezza altrui.
Musica: Stop, Goran Bregovic
7. L’albero scosso dal vento
E a questo punto, in silenzio, trovato un luogo adatto, un angolo di terra accogliente e sicuro, ci fermiamo e mettiamo radici. Percepiamo i nostri piedi irrorati che aderiscono a terra, e immaginiamo le terminazioni che si allungano nel terreno. Siamo un ponte, tra la linfa che proviene da terra e l’energia del sole che proviene dal cielo. Solo quando ci sentiamo ben piantati, inizierà l’ultimo ascolto, che sarà il nostro vento. Scuoterà i nostri rami, i nostri tronchi, in movimenti dolci o vorticosi, lenti o rapidi, tesi o piegati, fluidi o spezzati. Ma le nostre radici saranno ben salde a terra, ancorate, solide.
Musica: Street Spirit, Radiohead
8. Alla terra
Finite le danze, ci stendiamo a terra, nella posizione che preferiamo, e rimaniamo in silenzio, in ascolto per almeno 10 minuti. Siamo completamente sorretti dalla terra, che ci accoglie, generosa e solida, e dialoga con la nostra energia. Ci lasciamo andare, fiduciosi, percependo la forza e l’immensità della madre terra che ci consola, mentre esausti e liberi la ringraziamo con un leggero sorriso. Impariamo l’ascolto, la fiducia, il lasciar andare, la libertà, la condivisione, l’appartenenza, l’immobilità, l’amore.
9. Un canto
Ci sediamo comodamente, la schiena diritta ma rilassata. Non dobbiamo avvertire alcun tipo di tensione nel corpo. Nel silenzio, nell’abbandono cantiamo il bija mantra “lam” (LLLAAAMMM), per tutta la durata dell’espirazione, accentuando la consonante “l” e lasciando che il suono vocalico della “a” piano piano si nasalizzi in “m”. Proseguiamo per almeno 5 minuti. Ascoltando la forza e il dinamismo dell’appoggio del nostro primo chakra a terra.
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