Ecco le prime quattro riflessioni sulla musicoterapia ispirate dalla lettura dei 17 principi sviluppati da ReggioChildren.
Per le premesse potete leggere qui.
Uno
Tornare al piacere dell’apprendere
Non c’è apprendimento importante senza coinvolgimento emotivo. Apprendere presuppone un atteggiamento di ascolto e di apertura verso il mondo, esterno e intrapsichico, che permetta alle esperienze di trovare spazio e alla comprensione di depositarsi e trovare voce.
La musica ci guida naturalmente verso esperienze piacevoli, per la sua immediatezza comunicativa, per il suo essere sempre associata al movimento, per la capacità che ha di ricondurre alla fusione di mente e corpo. L’incontro con emozioni intense attraverso la musica è la possibilità di ri-scoprirsi capaci di creare, inventare, esprimere. Che le emozioni abbiano un contenuto “positivo” o “negativo” poco conta. Perché la musica è in grado di rielaborarle sia sul piano estetico che dei contenuti.
Ogni esperienza musicale e sonora può essere divertimento e gioia. E sorpresa. Ognuna di esse rappresenta un’opportunità di crescita.
Due
Cercare il piacere di giocare, lavorare, elaborare, suonare
La conoscenza e l’elaborazione significativa della realtà richiede la volontà di mettersi in gioco.
Ho scoperto in questi anni che le persone sono restie a farlo. In apertura dei laboratori di musicoterapia con gli adulti richiedo sempre la disponibilità dei partecipanti a giocare con sé stessi, con le loro convinzioni, con le loro emozioni e i loro atteggiamenti. Perché “mettersi in gioco” non vuol dire altro che ritrovare il piacere e l’energia del gioco che, per primo, può guidare a cambiamenti strutturali e profondi. Significa ritrovare l’ironia delle scoperte, mentre si maneggiano strumenti sconosciuti, oggetti sonori non identificati, o ci si ritrova sulle mani la vibrazione profonda dei tamburi e le loro pulsazioni rituali.
L’improvvisazione sonora permette accostamenti inediti e inauditi e sono un’efficace rappresentazione di sé verso l’imprevisto in ogni situazione di vita. Il dialogo sonoro manifesta la nostra disponibilità all’ascolto, al confronto, alla condivisione. Come nella vita quotidiana, ogni incontro con l’altro è un punto di domanda aperto su molteplici possibilità.
La musica viene avvicinata in modo immediato, ovvero non mediato dalla tecnica, dalla conoscenza e dalle idee stratificate negli anni. Si ricerca il piacere dell’esperienza primaria del suono, che ha origini prenatali, che è vibrazione del e nel corpo, che è suono privo di un contenuto significativo e razionale. Quel suono si manifesta pasticciando con gli strumenti e il proprio corpo attraverso il movimento, e diventa spunto per riflessioni inaspettate.
È un lavoro, perché presuppone una consegna specifica e un obiettivo comune, ma è un lavoro piacevole perché personale, coinvolgente e guidato da una motivazione fortissima che è il desiderio di esprimersi e la gioia di suonare.
Tre
Dare spazio a una cultura che raccorda, relaziona, connette
La cultura di questa contemporaneità vive di frammenti, di superficialità, di consumi accelerati. Anziché essere fondata su strumenti che permettono di comprendere e rielaborare la nostra realtà, essa si confonde in modo indistinto con l’aggressione cacofonica che subiscono regolarmente i nostri sensi. Le tante, singole informazioni a portata di mano producono sovrastimolazione, al punto da non permettere più alcun tipo di appropriazione, se non attraverso percorsi faticosi e, a volte, dolorosi. Sono come i respiri che quotidianamente facciamo, brevi, inconsapevoli, insufficienti.
È una cultura che sembra svilupparsi per contrapposizioni ideologiche, per assunzioni di parti avverse, per congestioni e rifiuti, per strumentalizzazioni e che non ammette il silenzio. È guidata dal pregiudizio e da tifi calcistici, dalla necessità terribilmente inadatta di sentirsi parte di qualcosa, di essere riconosciuti attraverso un’adesione acritica e formale.
La musica, con la sua massa sonora, emotiva, significante, espressiva ed evocativa è sostanza. Unisce anziché dividere. Le esperienze di improvvisazione musicale chiedono all’ homo faber di creare connessioni. L’atto del fare musica che, come già detto, necessita sempre del pieno coinvolgimento del corpo attraverso il movimento, è per sua natura un atto di sintesi, intesa come ridefinizione di collegamenti, di ricongiunzione di elementi apparentemente lontani, disparati. Il connettore primario è il ritmo, la base che fornisce il paesaggio sonoro comune a tutte le persone che insieme si trovano a suonare, a sperimentare la musica.
I percorsi di musicoterapia favoriscono quindi lo sviluppo di una cultura della partecipazione che si arricchisce a partire dalle relazioni tra le persone, tra le persone e gli oggetti, tra gli oggetti e la produzione sonora.
Quattro
Sostenere il diritto dell’uomo di sentirsi intero
Se chiedo alle persone di impegnarsi in un’attività di vocalizzazione ripetuta, ad un certo punto si accorgono che sta succedendo qualcosa. Dopo che per alcuni minuti ci si è impegnati nella produzione di un suono continuo della durata dell’espirazione, ci si accorge come per incanto che il ciclo infinito e ricorsivo dei pensieri che accompagna ogni attimo della nostra vita è andato in pausa. Per un attimo percepiamo la bellezza del silenzio, quello profondo, interiore.
La musica vive dell’alternanza di suoni e silenzi. La nostra mente raramente sperimenta la pace. Nei vocalizzi, in quei suoni regolari e prolungati sembrano sciogliersi fatiche e tormenti in un attimo, per pochi attimi.
Succede che mente e corpo sono impegnati insieme, senza contrapposizioni e dualismi, a sviluppare una pratica benefica per entrambi. La vibrazione che nasce dall’interno, che sale attraverso la gola e dalla bocca al naso fino alla parete frontale della scatola cranica, produce un micromassaggio distensivo. Il suono riequilibra naturalmente le energie, riduce le tensioni, favorisce il ritorno a un respiro regolare e profondo. La mente abbandona le incertezze e le abitudini analitiche basate sulle contrapposizioni e i confronti, ricongiungendosi in un’unità che è innanzitutto funzionale ed espressiva.
Mente e corpo tornano ad ascoltarsi e ritrovano sinergia, simpatia, condivisione. Questo ascolto reciproco permette all’essere umano di ritrovare la propria interezza e la propria solidità.
Non conosco un metodo migliore della musicoterapia con il canto e le vocalizzazioni per iniziare un percorso di consapevolezza.
Ma è la pratica del suonare, in ogni sua forma, che permette all’uomo di ricomporsi e, al contempo, rigenerarsi. La pace nasce da un profondo senso di unità e di appartenenza.
Per le premesse potete leggere qui.
Uno
Tornare al piacere dell’apprendere
Non c’è apprendimento importante senza coinvolgimento emotivo. Apprendere presuppone un atteggiamento di ascolto e di apertura verso il mondo, esterno e intrapsichico, che permetta alle esperienze di trovare spazio e alla comprensione di depositarsi e trovare voce.
La musica ci guida naturalmente verso esperienze piacevoli, per la sua immediatezza comunicativa, per il suo essere sempre associata al movimento, per la capacità che ha di ricondurre alla fusione di mente e corpo. L’incontro con emozioni intense attraverso la musica è la possibilità di ri-scoprirsi capaci di creare, inventare, esprimere. Che le emozioni abbiano un contenuto “positivo” o “negativo” poco conta. Perché la musica è in grado di rielaborarle sia sul piano estetico che dei contenuti.
Ogni esperienza musicale e sonora può essere divertimento e gioia. E sorpresa. Ognuna di esse rappresenta un’opportunità di crescita.
Due
Cercare il piacere di giocare, lavorare, elaborare, suonare
La conoscenza e l’elaborazione significativa della realtà richiede la volontà di mettersi in gioco.
Ho scoperto in questi anni che le persone sono restie a farlo. In apertura dei laboratori di musicoterapia con gli adulti richiedo sempre la disponibilità dei partecipanti a giocare con sé stessi, con le loro convinzioni, con le loro emozioni e i loro atteggiamenti. Perché “mettersi in gioco” non vuol dire altro che ritrovare il piacere e l’energia del gioco che, per primo, può guidare a cambiamenti strutturali e profondi. Significa ritrovare l’ironia delle scoperte, mentre si maneggiano strumenti sconosciuti, oggetti sonori non identificati, o ci si ritrova sulle mani la vibrazione profonda dei tamburi e le loro pulsazioni rituali.
L’improvvisazione sonora permette accostamenti inediti e inauditi e sono un’efficace rappresentazione di sé verso l’imprevisto in ogni situazione di vita. Il dialogo sonoro manifesta la nostra disponibilità all’ascolto, al confronto, alla condivisione. Come nella vita quotidiana, ogni incontro con l’altro è un punto di domanda aperto su molteplici possibilità.
La musica viene avvicinata in modo immediato, ovvero non mediato dalla tecnica, dalla conoscenza e dalle idee stratificate negli anni. Si ricerca il piacere dell’esperienza primaria del suono, che ha origini prenatali, che è vibrazione del e nel corpo, che è suono privo di un contenuto significativo e razionale. Quel suono si manifesta pasticciando con gli strumenti e il proprio corpo attraverso il movimento, e diventa spunto per riflessioni inaspettate.
È un lavoro, perché presuppone una consegna specifica e un obiettivo comune, ma è un lavoro piacevole perché personale, coinvolgente e guidato da una motivazione fortissima che è il desiderio di esprimersi e la gioia di suonare.
Tre
Dare spazio a una cultura che raccorda, relaziona, connette
La cultura di questa contemporaneità vive di frammenti, di superficialità, di consumi accelerati. Anziché essere fondata su strumenti che permettono di comprendere e rielaborare la nostra realtà, essa si confonde in modo indistinto con l’aggressione cacofonica che subiscono regolarmente i nostri sensi. Le tante, singole informazioni a portata di mano producono sovrastimolazione, al punto da non permettere più alcun tipo di appropriazione, se non attraverso percorsi faticosi e, a volte, dolorosi. Sono come i respiri che quotidianamente facciamo, brevi, inconsapevoli, insufficienti.
È una cultura che sembra svilupparsi per contrapposizioni ideologiche, per assunzioni di parti avverse, per congestioni e rifiuti, per strumentalizzazioni e che non ammette il silenzio. È guidata dal pregiudizio e da tifi calcistici, dalla necessità terribilmente inadatta di sentirsi parte di qualcosa, di essere riconosciuti attraverso un’adesione acritica e formale.
La musica, con la sua massa sonora, emotiva, significante, espressiva ed evocativa è sostanza. Unisce anziché dividere. Le esperienze di improvvisazione musicale chiedono all’ homo faber di creare connessioni. L’atto del fare musica che, come già detto, necessita sempre del pieno coinvolgimento del corpo attraverso il movimento, è per sua natura un atto di sintesi, intesa come ridefinizione di collegamenti, di ricongiunzione di elementi apparentemente lontani, disparati. Il connettore primario è il ritmo, la base che fornisce il paesaggio sonoro comune a tutte le persone che insieme si trovano a suonare, a sperimentare la musica.
I percorsi di musicoterapia favoriscono quindi lo sviluppo di una cultura della partecipazione che si arricchisce a partire dalle relazioni tra le persone, tra le persone e gli oggetti, tra gli oggetti e la produzione sonora.
Quattro
Sostenere il diritto dell’uomo di sentirsi intero
Se chiedo alle persone di impegnarsi in un’attività di vocalizzazione ripetuta, ad un certo punto si accorgono che sta succedendo qualcosa. Dopo che per alcuni minuti ci si è impegnati nella produzione di un suono continuo della durata dell’espirazione, ci si accorge come per incanto che il ciclo infinito e ricorsivo dei pensieri che accompagna ogni attimo della nostra vita è andato in pausa. Per un attimo percepiamo la bellezza del silenzio, quello profondo, interiore.
La musica vive dell’alternanza di suoni e silenzi. La nostra mente raramente sperimenta la pace. Nei vocalizzi, in quei suoni regolari e prolungati sembrano sciogliersi fatiche e tormenti in un attimo, per pochi attimi.
Succede che mente e corpo sono impegnati insieme, senza contrapposizioni e dualismi, a sviluppare una pratica benefica per entrambi. La vibrazione che nasce dall’interno, che sale attraverso la gola e dalla bocca al naso fino alla parete frontale della scatola cranica, produce un micromassaggio distensivo. Il suono riequilibra naturalmente le energie, riduce le tensioni, favorisce il ritorno a un respiro regolare e profondo. La mente abbandona le incertezze e le abitudini analitiche basate sulle contrapposizioni e i confronti, ricongiungendosi in un’unità che è innanzitutto funzionale ed espressiva.
Mente e corpo tornano ad ascoltarsi e ritrovano sinergia, simpatia, condivisione. Questo ascolto reciproco permette all’essere umano di ritrovare la propria interezza e la propria solidità.
Non conosco un metodo migliore della musicoterapia con il canto e le vocalizzazioni per iniziare un percorso di consapevolezza.
Ma è la pratica del suonare, in ogni sua forma, che permette all’uomo di ricomporsi e, al contempo, rigenerarsi. La pace nasce da un profondo senso di unità e di appartenenza.
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